Edward Burne-Jones, Re Cophetua e la mendicante
Edmund Blair Leighton, Il re e la mendicante
La storia di re Cophetua e la mendicante proviene da un'antica tradizione medievale.
Secondo quest' ultima, Cophetua era un re africano, che non provava alcuna attrazione per le donne.
Un giorno, per puro caso, egli scorse fuori dal suo palazzo una mendicante, Penelophon, che soffriva per la mancanza di vesti con cui coprirsi, ed ella rapì il suo cuore.
Colto da amore a prima vista, Cophetua giurò a sè stesso che avrebbe fatto della fanciulla la sua sposa, o si sarebbe tolto la vita.
Cophetua andò allora in giro per le strade, spargendo denaro ai quattro venti, in modo da attirare i mendicanti, nella speranza che anche lei facesse la sua comparsa. Alla fine lo stratagemma diede i suoi frutti e, quando la ritrovò, le si prostrò dinanzi chiedendole di diventare la sua regina. Ella acconsentì, e presto nessuno fu più capace di indovinare le sue umili origini.
La coppia visse insieme in felicità per il resto dei giorni che toccavano loro e, quando morirono, i due furono sepolti nella stessa tomba.
La letteratura anglo-americana è piena di riferimenti alla storia di re Cophetua e la mendicante, a partire dallo stesso Shakespeare, che la menziona in Romeo e Giulietta, Pene di amor perduto, Riccardo II e Enrico IV.
Lord Alfred Tennyson scrisse una sua versione della storia, intitolata La mendicante (1842).
Proprio da quest'ultima opera trae l'ispirazione Edward Burne-Jones, per il suo dipinto a olio del 1884. I personaggi ritratti rappresentano Burne-Jones stesso e sua moglie Georgiana.
Si dice addirittura che il pittore abbia dovuto apportare delle modifiche alla testa del re, per rendere la somiglianza meno evidente.
L' opera richiese una lunga fase di gestazione. A partire da una versione in scala ridotta del 1861, Burne-Jones sviluppò progressivamente il tema in una lunga serie di studi a matita dei diversi elementi (esposti presso la Birmingham City Art Gallery, Manchester City Art Gallery, Ashmolean Museum, Oxford, e il Fitzwilliam Museum, Cambridge).
Alcuni dettagli furono ripresi da oggetti reali - la corona, ad esempio, fu realizzata per l'occasione da W. A. S. Benson.
Burne-Jones commentava in una lettera: "Lavoro giornalmente a "Cophetua e la sua fanciulla". Mi tormento ogni giorno, ma non mi raccapezzo mai neanchè un pò in merito a come ritrarlo. Nessun opera precedente mi è d'aiuto, e ogni nuova immagine è un nuovo enima, e io mi perdo e mi struggo, e tutto è come era al principio anni fa. Ma io mi ucciderò piuttosto che non far sì che Cophetua sembri un re e la mendicante una regina, come re e regine dovrebbero essere."
L'opera rimane una delle immagini più impressionanti e meglio note di Burne-Jones.
Quando l'enorme dipinto fu esibito alla Grosvenor Gallery nel 1884, la critica artistica del Times, che era stata in precedenza piuttosto fredda nei confronti di Burne-Jones, affermò che esso non solo costituiva il lavoro più raffinato dell'autore, ma uno dei più bei dipinti mai ritratti da un inglese.
Ricevette il plauso anche quando fu esposto a Parigi in occasione dell'esposizione universale del 1889 (la stessa il cui centro d'attrazione fu l'appena completata Torre Eiffel).
Burne-Jones fu meritatamente premiato con la Croce della Legion d' Onore.
Il dipinto fu in seguito esposto in Inghilterra alla New Gallery nel 1892 e di nuovo alla Memorial Exhibition dopo la morte dell'artista.
In seguito, la moglie Georgiana avrebbe voluto che fosse acquisito dalla National Gallery, ma fu la Tate Modern ad aggiudicarselo.
Qualche anno dopo, nel 1898, fu esposto il dipinto sullo stesso tema di Edmund Blair Leighton, ad omaggiare la memoria di Burne-Jones.
La differenza maggiore, a livello tematico, sta nel gesto di Cophetua, che pone la corona ai piedi della sua regina mendicante, come in un vero e proprio atto di sottomissione.